L'Italia tra le Arti e le Scienze, dipinto Sironi in Aula Magna della Sapienza Università di Roma
Piazzale Aldo Moro, 5, 00185 Roma, RM, Italia
Mattia Pagano

Subito dopo la caduta del fascismo, il Senato accademico discusse a lungo se fosse necessario censurare l'opera "Arti e le Scienze" di Mario Sironi. Il dipinto venne inizialmente coperto con fogli di carta da parati incollati sull’intera superficie pittorica. Nel 1950, con il mutato contesto politico e la nascita della Repubblica, si decise di ridipingere il murale quasi nella sua totalità, eliminando ogni riferimento ai simboli fascisti e annullando così la matrice stilistica originale dell'opera di Sironi. Furono diverse le ragioni ideologiche, storiche e politiche che spinsero l’Università di Roma, dopo la caduta del fascismo, a una sorta di damnatio memoriae verso quegli artisti e architetti che, nel 1935, avevano realizzato il primo nucleo della nuova università. Fu la stessa Repubblica a promuovere un processo di ricostruzione morale del popolo italiano, e ciò non sarebbe stato possibile se il passato fosse rimasto così evidente. Marina Righetti, ex direttrice del Dipartimento di Storia dell’Arte e dello Spettacolo, scrive, in merito al restauro dell’opera: «certo, quando si è iniziato quello che avevamo davanti agli occhi non era certo Sironi». Dopo anni di modifiche, che, a quanto pare, avevano completamente eliminato le tracce dell’artista, l’ateneo romano decise di riscoprire l'opera e riportarla alla sua forma originale. Quando ci si trova oggi davanti al murale nell’Aula Magna, ci si confronta con un patrimonio materiale dissonante, un aspetto che credo sia innegabile. Questa dissonanza è ancora più evidente per via della complessa storia del dipinto, che spesso lascia perplessi gli studenti, incapaci di comprendere le ragioni dietro il restauro. Molti degli intervistati mi hanno chiesto se il restauro fosse costituzionale, e non riescono a capire come sia possibile riportare alla luce simboli e ideologie fasciste.Durante la mia ricerca etnografica, ho raccontato dell'episodio in cui la senatrice Liliana Segre ricevette la laurea honoris causa proprio nell’Aula Magna; la maggior parte degli studenti non riusciva a comprendere quello che consideravano un "affronto" o una "vergogna" riservata alla senatrice. La questione del patrimonio diventava ancora più delicata quando gli studenti scoprivano che, per gran parte della sua vita, l'affresco era stato censurato e che i simboli fascisti erano stati rimossi dal governo post-bellico. Questa vicenda, insieme all'opera di Sironi, rappresenta l'esempio perfetto di un "patrimonio che la maggioranza delle persone preferirebbe non avere". Un patrimonio complesso, che divide l'opinione pubblica e le cui tracce non possono essere ignorate nella vita quotidiana, soprattutto per il rischio che una sopravvissuta ai campi di concentramento, come la senatrice Segre, possa entrare in contatto con esso.