TEATRO ITALIA
Via Bari, 18, Roma, RM, Italia
Michele Catapano

Il Teatro Italia – già sede del “Dopolavoro Ferroviario di Roma” come si può leggere sul frontone dell’ingresso – è stato edificato tra il 1925 e il 1930, anno della sua inaugurazione. L’edificio è opera dell’ingegnere e architetto Angiolo Mazzoni, figura di spicco del fascismo che lo fece ingegnere capo e alto funzionario delle Ferrovie dello Stato. Filippo Tommaso Marinetti gli attribuisce “una utilizzazione lirica dei materiali da costruzione”, consacrandone la colonia intitolata alla madre di Mussolini, Rosa Maltoni, a Calambrone (Pivato 2023: 78). Suoi furono anche i progetti per il complesso di case destinato alle famiglie dei ferrovieri, sempre in via Bari. L’edificio ospitava delle sculture, opera di Corrado Vigni, anch’egli legato all’arte fascista, che lo stesso Mazzoni si è raccomandato – in occasione dei lavori di rinnovamento del 1968 – di preservare, ma che a oggi risultano perdute: una Nascita di Venere e una Morte di Orfeo, collocate ai lati del palcoscenico (Noriyuki 2017: 6). Sulla facciata sono visibili invece altre figure tipiche dell’ immaginario fascista, ovvero una serie di aquile e teste di leone lungo la fila di finestre dell’ultimo piano, e cinque complessi scultorei – ognuno costituito da una coppia di figure umane, evidenti allegorie di arti, mestieri e saperi – collocati in cinque nicchie ricavate immediatamente sopra il frontone. Nella Germania del Secondo Impero il teatro, inteso tanto come espressione artistica quanto come luogo fisico in cui questa si esprime, giocò un ruolo precipuo nella cosiddetta “nazionalizzazione delle masse” già a partire dalla fine dell’Ottocento. Nei miti e nelle simbolizzazioni dell’uomo nuovo, dell’uomo morale e cittadino, confluirono ben presto – oltre alla vecchia nobiltà e al ceto medio – anche le masse di lavoratori, nel nome dell’unità nazionale (Mosse 1975: 149-172). La stessa apertura al proletariato caratterizza i luoghi dello svago e della cultura fascisti, di cui il teatro del Dopolavoro Ferroviario di Mazzoni è traccia. Ciononostante, dalle interviste fatte al pubblico, non emerge in maniera importante la percezione di un retaggio difficile, pesante, politicamente denso. Tra i ragazzi di una scolaresca in visita al teatro – due classi quarte di liceo scientifico – alcuni non avevano neanche prestato attenzione alla presenza degli aquilotti in bassorilievo; altri avevano invece contezza del luogo e hanno espresso sentimenti di rigetto per l’ideologia fascista. Paradossalmente, arrivati a questo punto della conversazione, l’edificio – punto di partenza dell’intervista – era già stato estromesso dai loro discorsi. Il fascismo – a differenza del nazismo – ha una sua formidabile capacità mimetica, essendo lo stile fascista raramente carico della simbologia propria del partito: nel caso specifico, i fasci littori che un tempo decoravano gli interni del teatro oggi sono assenti; una madre con paniere e figli al seguito, o finanche un’aquila, viene evidentemente assorbita più facilmente nel paesaggio e nello sguardo pubblico rispetto a una svastica.