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Statua di Indro Montanelli

Giardini Indro Montanelli, Via Palestro, Milano, MI, Italia

Lorenzo Vecchio

Statua di Indro Montanelli

La statua dedicata ad Indro Montanelli, il più apprezzato giornalista italiano del ’900, è forse uno dei patrimoni scomodi che maggiormente provocano la mobilitazione di quei corpi associativi e movimenti d’opinione che fanno dell’attivismo uno strumento per la ricostruzione e riformulazione della memoria degli oggetti, dei luoghi e della storia.
Questo piccolo ma significativo patrimonio è il punto di intersezione di tre episodi di cruciale importanza per lo scrittore toscano: la statua riproduce una foto a lui scattata nel 1940 nell’atto di scrivere sulla sua storica Olivetti MP1, seduto su una pila di libri, al ritorno dal fronte finnico; è situata nella piazza in cui Montanelli fu gambizzato dalle Brigate Rosse nel 1977, a seguito della pubblicazione di articoli su Il Giornale di forte spirito anti-comunista; e rievoca gli anni del Ventennio fascista durante i quali aveva acquistato una giovanissima moglie abissina nel contesto della Campagna d’Etiopia.
È quest’ultimo episodio, in particolare, a suscitare maggiore scalpore. Montanelli non negò mai l’entusiasmo che provò nell’aderire al progetto fascista di costruzione di una Italia imperiale che si espandesse nel continente africano. Scrisse su La stanza del Corriere il 12 febbraio del 2000: «Inebriato dall’avventura etiopica, un po’ perché era un’avventura, e un po’ perché, come tutti i giovani di allora, avevo nel sangue la Patria, l’Onore e il lavaggio della cosiddetta «onta di Adua», mi arruolai volontario, e venni assegnato ai reparti indigeni formati dagli Ascari eritrei». Ed è proprio in questo contesto che Mario Gonella, comandante di battaglione, gli suggerì di cercarsi una moglie indigena per quel periodo di permanenza in Abissinia. Sposò una dodicenne eritrea di nome Destà – a detta sua la più bella del villaggio – con la quale intrattenne persino dei rapporti sessuali, anche se in parte ostacolati – scriveva – dal fatto che era infibulata dalla nascita.
L’episodio più celebre di questa diatriba è la storica intervista trasmessa nel 1969 in cui una giovane femminista, giornalista e scrittrice di origine etiope, Elvira Banotti, incalzava lo scrittore toscano in merito all’acquisto dell’ “animalino docile” – così la definiva – , con l’obiettivo di porre l’accento sul rapporto fondamentalmente razzista e spregiudicato tra colonizzatore e colonizzato.
Non è, dunque, del tutto immotivato che i movimenti femministi e antirazzisti si siano spesso scagliati contro quello che ritengono uno dei casi più emblematici ed evidenti di sessismo, patriarcato e razzismo. Nel 2012 la statua venne imbrattata di rosso sangue; nel 2018 decorata di scritte che denunciavano gli atti di violenza; nel 2019 l’associazione Non una di meno la imbrattò di rosa; nel 2020, sulla scia del movimento Black Lives Matter scaturiti dalla morte di George Floyd, venne imbratta di viola, per poi essere successivamente decorata con una bambola che rappresentava la piccola Destà; nel 2023 il gruppo Extinction Rebellion la ricoprì con nastro segnaletico e con un cartello con su scritto “Aria pericolosa per la salute”; nell’aprile 2024 venne nuovamente imbrattata di viola da attivisti sconosciuti.
Dopo i primi tentativi di cancellazione culturale della memoria di Indro Montanelli, numerosissimi intellettuali, giornalisti e politici si sono prodigati nella difesa del loro idolo indiscusso. Per i più critici, invece, non è l’imbrattamento della statua il vero atto di cancellazione del passato, quanto piuttosto l’idea della statua in sé. Ricordare la figura di Montanelli quale insigne e meritevolissimo scrittore metterebbe in ombra il suo torbido passato di colonialista violento e appassionato seguace di Mussolini. Sul giornale Il Fatto Quotidiano, Monica Lanfranco e Nadia Somma scrivono altresì che la statua debba rimanere al suo posto perché non si dimentichi che il razzismo e il colonialismo sono pratiche de-umanizzanti ancora presenti fra noi: «Distruggere una vestigia non la cancella, ma rimuove, questo sì, dalla nostra vista qualcosa che ci fa stare scomode, ne riduce il fastidio e ci colloca in un fasullo comfort dello sguardo, esteriore ed interiore, che agevola la rimozione, forse lenisce qualche senso di colpa ma ci allontana dall’affrontare il problema».
Oggi, la casa della famiglia di Indro Montanelli a Fucecchio nell’antico Palazzo della Volta ospita la sede della Fondazione Montanelli Bassi, la quale promuove attività culturali e studi sui beni storici, artistici e ambientali, bandisce borse di studio e premi di scrittura. Lo stesso Montanelli, invece, volle che i suoi beni, le carte e gli oggetti a lui più cari fossero conservati nel palazzo dei suoi avi, inaugurando così nel 2001 le cosiddette “stanze di Montanelli”. Le ceneri del giornalista riposano nella cappella di famiglia, per la quale, dopo i fatti avvenuti alla statua a Milano del 2020, è stato chiesto che si intensificasse il servizio di sorveglianza per evitare che qualcuno possa emulare gli attivisti milanesi.

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